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TORNANDO A CASA
(COMING HOME)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 2 novembre 1978
 
di Hal Ashby, con Jon Voight, Jane Fonda, Bruce Dern, Robert Carradine (Stati Uniti, 1978)
 
Ecco un film che, prima che ad ogni altro, appartiene a Jane Fonda. Figlia di uno sguardo mitico per ogni appassionato di cinema (alzi la mano chi non ha mai detto: incredibile, come assomiglia a suo padre), per niente sciocca nemmeno agli inizi (basta vedere con chi ha girato i suoi primi film: Joshua Logan, George Cukor, Roy Hill, Dmytrik, Clément&), Jane, affari suoi, cade nell'orbita Vadim.   

I suoi film in quel periodo (64-68)? LA RONDE, LA CUREE, BARBARELLA. Con un'eccezione importante: LA CACCIA, assieme a Marlon Brando, il film che rivelò il temperamento di Arthur Penn. Poi, nel 1969, il film probabilmente più importante della sua vita, perché dev'essere stato quello che le ha aperto gli occhi: NON SI UCCIDONO COSÌ ANCHE I CAVALLI, firmato da uno dei grandi del cinema americano moderno, Sidney Pollack. Dopo di allora, Pakula (KLUTE), un Godard anomalo (TOUT VA BIEN), un Losey minore (CASA DI BAMBOLE) e il successo internazionale di JULIA, di Zinnemann.   

Come si vede, una carriera niente male. Ora, a seguito della bambola sexy del dopo -Bardot inventatale da Roger Vadim, addirittura il cinema militante: TORNANDO A CASA è il film nel quale Jane mette tutte le sue preoccupazioni, le campagne anti -Vietnam, le prese di posizione pubbliche contro il ruolo imperialista degli Stati Uniti, le convinzioni nel campo della lotta per l'emancipazione della donna.

Il soggetto del film la serve perfettamente. Un marito eroe che parte in Vietnam come ad una gara sportiva (lo vediamo all'inizio mentre fa footing per partire al massimo della forma). Un reduce rimasto paralizzato nelle gambe e impotente, ma che ha conquistato la serenità, la lucidità politica e morale. E infine il proprio ruolo, quello di moglie. Che vediamo all'inizio frequentare il circolo degli ufficiali con una permanente e una ideologia impossibile. Ma che vediamo imparare a vivere: dapprima grazie al proprio apprendistato fisico. Poi nella conoscenza del piacere, offerto dall'amore del reduce; assieme a quella della sofferenza che la vita all'ospedale le rivela.

La sua presa di coscienza, la sua realizzazione è quella di molti americani di quegli anni. Film intimista, perché tutte le risonanze del dramma vengono proiettate all'interno dei personaggi (la guerra non la si vede mai), film nel quale il dramma dell'individuo rispecchia quello universale. Quando il marito torna a casa si ritrova allora una donna diversa. Già distrutto per proprio conto, grazie all'incoscienza con la quale era partito per il picnic vietnamita, non gli rimane ormai che staccarsi le medaglie, la fede dal dito, e un biglietto per l'aldilà.

Soggetto splendido per Jane, quindi. E suo entusiasmo: nel film ci mette i soldi, va persino a Cannes (dove si dimostra disponibilissima anche con noi, miseri cronisti di provincia) per lanciarlo nella fossa dei leoni. Cosa che si era sempre rifiutata di fare anche ai bei tempi. Dimentica forse una cosa: che al cinema, lastricato talvolta dalle migliori intenzioni, tutto si gioca all'istante dello sguardo. E cinema significa qualità di quello sguardo. Qualità che riesce a significare un'idea. Assenza di qualità che squalifica tutto.

Non è proprio il caso con Al Ashby (HAROLD AND MAUDE, SHAMPOO, BOUND FOR GLORY) che è simpatico, intelligente, dotato per certe atmosfere. Ma che, chiaramente, non è all'altezza di tante ambizioni. Cinema politico com'era nei desideri di Jane Fonda.? Ma allora dev'essere cinema che vi prende per le budella, che vi rivolta, vi disturba, vi contraria. Niente di tutto questo: TORNANDO A CASA ha i suoi bei schemi, le canzoni d'epoca che cominciano al punto giusto, assieme ai tagli di un montaggio tradizionale ed alle inquadrature come ve le aspettate. E' gentile, onesto, sincero, ben fatto: doveva essere atroce, crudele e bugiardo.

Lo chiedemmo a Jane Fonda stessa, a Cannes nel maggio scorso:  E' giusto, in un cinema politico, utilizzare i canali, l'estetica, la morale dello spettacolo, dell'evasione quindi ?  Ci rispose in un modo che non condividiamo se confrontato con il sostanziale fallimento del film; ma che è anche un modo per affrontare il problema:  Non è giusto - ci disse - lasciare nelle mani dei mercanti della violenza e del sesso la manipolazione dell'opinione pubblica; quella che possiede il potere per raggiungere la più vasta delle platee.


   Il film in Internet (Google)

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